Fatti della Storia

L’assalto al cielo. Storia della Comune di Parigi

Storia della Comune di Parigi

Per Karl Marx la Comune di Parigi fu l’assalto al cielo; Lenin la definì un avvenimento senza precedenti nella storia mentre per Victor Hugo, che pure aveva celebrato, nel suo I miserabili, le sommosse parigine del 1832 e, soprattutto, del 1848, la Comune di Parigi del 1871 fu «una cosa buona ma fatta male.»

Caustico, invece, fu il giudizio di un altro scrittore francese, Anatole France, l’autore del bellissimo Il procuratore di Giudea, per il quale si trattò non di un’esperienza rivoluzionaria bensì di «un governo criminale e demente» guidato da un gruppo di pericolosi esaltati.

Tuttavia, al netto dei giudizi, la Comune di Parigi, anche a distanza di un secolo e mezzo, rimane un fatto di rilevanza storica, la cui narrazione, nonostante il trascorrere inesorabile del tempo, affascina ancora.

La resa francese dopo Sedan

Per comprendere appieno la rivolta che diede origine alla breve stagione della Comune di Parigi bisogna fare un passo indietro e tornare al 2 settembre 1870 quando, a Sedan, tramonta, definitivamente, l’astro di Napoleone III.

Quel giorno, infatti, le truppe del nipote del grande Napoleone, morto decenni prima nella sperduta Sant’Elena, sono battute da quelle prussiane. Le reazioni a quella che più che una sconfitta è un’autentica disfatta sono immediate e inimmaginabili.

Nel giro di pochi giorni la protesta popolare, partita dai sobborghi parigini, spinge il parlamento a proclamare la decadenza dell’impero, forte anche del fatto che Napoleone è stato catturato dai prussiani.

Napoleone III, prigioniero dei prussiani
Napoleone III, prigioniero dei prussiani

La Francia, dopo vent’anni, è tornata a essere una repubblica ma il mutamento istituzionale, pur gradito alla stragrande maggioranza dei francesi, non muta il corso degli eventi.

Il 28 gennaio 1871, dopo quattro mesi di assedio, Parigi, stremata e affamata, capitola. La disfatta è totale e plasticamente resa dall’umiliante nascita del Reich di Germania nella reggia di Versailles, dove i principi tedeschi proclamano Guglielmo di Hohenzollern, imperatore di Germania.

Le condizioni di pace imposte dal neonato stato tedesco alla Francia sono pesantissime, al limite della mortificazione e a poco servono le timide resistenze del nuovo governo francese, guidato dallo storico Adolphe Thiers.

La Francia è menomata nel fisico, perde regioni fondamentali quali l’Alsazia e la Lorena, e nello spirito ma per molti francesi è giunta l’ora della riscossa e nell’aria di un’incipiente primavera si annusa nuovamente l’odore della rivoluzione.

La miccia che accende la rivolta 

Parigi, 18 marzo 1871. È notte fonda quando le truppe governative tentano di portare via dall’ex capitale francese 85 cannoni stipati sulla collina di Montmartre. Thiers, infatti, ritiene che quelle armi possano essere utilizzate dai parigini che, al pari della Guardia nazionale parigina, si rifiutano di accettare la resa ai prussiani.

Parigi, infatti, da qualche tempo, non è più la capitale di Francia. Quel ruolo che la città ha interpretato dalla nascita stessa della Francia le è stato scippato da una decisione di un giovane e affannato governo che dalla disfatta di Sedan prova a reggere le disastrate sorti francesi.

La de-capitalizzazione di Parigi, la capitale è stata prima spostata a Bordeaux e poi dal 10 marzo, in una sorta di ritorno a un passato che sembrava ormai superato, nella filomonarchica Versailles, è solo un pretesto per accendere le polveri di un popolo, quello parigino, che contesta a Thiers e al suo esitante governo, tutta una serie di scelte ritenuta improvvide, a cominciare dall’inaccettabile resa.

La protesta che monta in quella notte di metà marzo, spinta da motivazioni patriottiche ma anche sociali, si diffonde rapida per le strette strade di Parigi, incontrando l’entusiasmo popolare, specie quello delle donne, capitanate dalla maestra Louise Michel e l’inazione delle truppe governative che invece di sparare sulla folla fraternizza con la stessa.

Nel giro di poche ore l’ex capitale è in mano agli insorti che, come opportunamente indicato dallo storico Antonio Desideri, sulle prime non hanno obiettivi precisi, quasi travolti dall’esito imprevisto di quell’iniziale e spontanea protesta.

I rivoltosi, la cui estrazione sociale, almeno inizialmente è più piccolo-borghese che operaia, creano un libero governo, la Comune, per l’appunto, sollecitando il resto della Francia a fare lo stesso ma invano. La Francia non è Parigi e, soprattutto i francesi non sono parigini.

La proclamazione della Comune di Parigi
La proclamazione della Comune di Parigi

La reazione governativa alla sommossa scoppiata nell’ex capitale, una città dove abitano all’incirca 1.800.000 abitanti, divisi in 20 arrondissements, coincide con una rapida ritirata, una mossa necessaria per prendere tempo, per evitare di commettere errori. Nessuno al governo, a partire da Thiers, vuole uno scontro immediato con i comunardi, il cui esito, sulle prime, potrebbe essere disastroso, specie in una città come Parigi ancora caratterizzata da una topografia medievale, fatta di strade strette e poco accessibili.

Le prime decisioni della Comune, fra innovazione e speranza

La mancata reazione governativa, coincisa con una tattica ritirata, lascia, sulle prime, decisamente frastornati gli insorti che, dopo aver dato vita a un Comitato centrale provvisorio, con sede nello storico Hôtel de Ville, (il municipio parigino, il medesimo luogo dove, il precedente 4 settembre, era stata dichiarata la decadenza dell’impero napoleonico) iniziano a mettersi al lavoro.

Uno dei primi atti della Comune di Parigi è quello di indire delle libere elezioni, un modo per certificare, democraticamente, l’avvenuta rivoluzione. La tornata elettorale si svolge il 26 marzo e vede la netta affermazione dei candidati rivoluzionari che ottengono 70 degli 85 seggi a disposizione.

Forte di un simile appoggio popolare, i voti a favore dei rivoluzionari sono 190.000 rispetto ai soli 40.000 racimolati dai candidati più moderati, i comunardi iniziano a fare sul serio, provando a modificare radicalmente il volto della città di Parigi, attraverso una serie di provvedimenti che riflettono non solo l’impronta socialista della Comune ma anche quella radicale e democratica.

Uno dei primi decreti è quello del 29 marzo 1871 che dispone la remissione dei canoni d’affitto nel periodo compreso fra ottobre 1870 e aprile 1871, un atto che i comunardi ritengono doveroso, visto che è «giusto che la proprietà faccia la sua parte di sacrificio per il paese» ma anche con la proroga degli sfratti per tre mesi.

Non meno importanti sono i provvedimenti presi relativamente alle fabbriche abbandonate che vengono confiscate ai proprietari e date in gestione a società cooperative di operai, una confisca, tuttavia, non definitiva, in quanto il decreto del 2 aprile 1871 prevede espressamente la costituzione di un «comitato arbitrale che dovrà decidere, al ritorno dei padroni, sulle condizioni di cessione definitiva delle fabbriche alle società operaie e sulle quote d’indennità che le società pagheranno ai padroni.»

Ma tra i primi atti del neonato governo comunardo non riguardano solo la sfera economica ma anche quella dell’istruzione e della cultura, ambiti in cui i comunardi toccano vette mai nemmeno sfiorate da altri governi, non solo francesi.

Già a partire dal 21 aprile la Comune promuove una scuola totalmente pubblica, gratuita, obbligatoria, ispirata al pensiero razionale e scientifico e destinata a tutti, senza differenze di sesso, ceto, razza o fede religiosa. Si tratta di una posizione davvero rivoluzionaria che apre per molti bambini, per la prima volta, le porte di una scuola.

Su questa falsariga si pone anche l’impegno a favore della cultura che deve essere accessibile a tutti. Per i comunardi la dimensione estetica deve essere estesa alla vita quotidiana, dominare ogni ambito del vivere civile, insomma, la promozione, a tutti i livelli, della bellezza.

Una delle questioni più spinose che la Comune affronta nei primi giorni di governo è quella relativa ai rapporti fra Stato e Chiesa, una vexata questio mai fino ad ora realmente risolta. Con il decreto del 2 aprile 1871 viene stabilita, considerato «che il clero è stato complice dei delitti della monarchia contro la libertà» la separazione della Chiesa dallo Stato, la soppressione delle spese di culto, nonché la confisca dei beni mobili e immobili di manomorta appartenenti alle congregazioni religiose che diventano proprietà nazionale.

Si tratta di decisioni epocali, non tanto per l’incameramento dei beni ecclesiastici, già effettuato ai tempi della Rivoluzione francese del 1789, quanto per la separazione fra Chiesa e Stato, un fatto oggi acclarato ma, all’epoca, davvero innovativo.

Il maggio di sangue, la fine della Comune di Parigi

Il fortissimo consenso popolare e la piena soddisfazione dei parigini per i primi provvedimenti non sono sufficienti, tuttavia, a garantire la sopravvivenza della Comune. A minacciare la sua stessa esistenza non sono tanto i prussiani, acquartierati a nordest di Parigi e decisamente passivi rispetto alla guerra civile, quanto le truppe governative, quelle guidate da Adolphe Thiers che aveva, solo temporaneamente, procrastinato la risoluzione della questione comunarda.

In realtà già a partire dal 2 aprile le truppe versagliesi hanno iniziato ad assediare Parigi che, inizialmente, riesce a resistere agli attacchi. Ma tra i rappresentanti della Comune la sensazione che la capitolazione sia prossima è forte, troppo marcato, infatti, è lo squilibrio fra le loro raffazzonate truppe e quelle regolari di stanza a Versailles, implementate, oltretutto, da 100.000 soldati francesi, generosamente liberati dai prussiani.

La situazione precipita a partire da fine aprile quando le diverse linee difensive comunarde vengono rapidamente abbattute.

Comune di Parigi: Barricata in boulevard Voltaire
Barricata in boulevard Voltaire
di Bruno Braquehais – Opera propria, Pubblico dominio (fonte: Wikipedia)

L’epilogo della Comune inizia il 21 maggio, con quella che è passata alla storia come la Settimana di sangue.

Thiers, stanco del prolungarsi dell’azione militare, ordina l’attacco decisivo contro una città che oggettivamente è giunta allo stremo. In pochi giorni le truppe governative avanzano rapidamente nonostante la difesa opposta dai parigini e incarnata nelle celebri barricate, sbarramenti formati da vari oggetti tra cui le barriques, comuni barilotti utilizzati per la conservazione delle bevande.

Il 28 maggio la riconquista di Parigi è terminata. I versagliesi sono padroni della città e la Comune, dopo 71 giorni di gloriosa vita, è caduta. Sul campo rimangono 20.000 corpi, perlopiù comunardi.

La reazione delle forze governative è raccapricciante. Le esecuzioni sommarie sono più di ventimila; ogni angolo di strada, di fatto, si trasforma in un improvvisato patibolo, al punto da far dire al comunardo Benoit Malon che Parigi è stata trasformata in un macello.

Alle morti si aggiungono le deportazioni. Sono ben 75.000 i parigini condannati ai lavori forzati e trasferiti nelle colonie della Nuova Caledonia, in Oceania.

La Comune di Parigi fra interpretazioni e mito

L’esperienza della Comune fu oggettivamente breve, specie se rapportata ai tempi della storia, ma la sua memoria andò bel oltre la portata reale del fatto.

L’esempio comunardo fu oggetto di svariate analisi e studi da parte di pensatori appartenenti a correnti diverse, talvolta persino antitetiche.

Per Marx, ad esempio, il vero segreto della Comune di Parigi, l’antitesi diretta dell’impero, una forma politica fondamentalmente espansiva, mentre tutte le precedenti forme di governo erano state unilateralmente repressive, fu l’essere essenzialmente «un governo della classe operaia, il prodotto della lotta di classe dei produttori contro la classe appropriatrice, la forma politica finalmente scoperta, nella quale si doveva compiere l’emancipazione economica del lavoro.»

Anche Lenin, e non poteva essere altrimenti, studiò approfonditamente quei fatti con il risultato di dare alle stampe, nel 1911, un saggio dal titolo La Comune di Parigi.

Per il futuro protagonista della Rivoluzione d’Ottobre l’esperienza comunarda, pur essendo «un avvenimento senza precedenti nella storia» era inevitabilmente destinato a fallire e non solo perché «gli operai furono i soli a restare fedeli alla Commune [così la chiama Lenin]» ma soprattutto per altro.  «Due condizioni, almeno -scrisse Lenin- sono necessarie perché una rivoluzione sociale possa trionfare: il livello elevato delle forze produttive e la preparazione del proletariato. Nel 1871 queste due condizioni mancavano.»

Nell’ambito delle diverse interpretazioni sulla Comune di Parigi, un fatto che, come ha scritto lo storico Catalano, ebbe l’effetto di scavare un profondo solco nelle file della democrazia tra mazziniani e gli internazionalisti di Bakunin, entusiasmando soprattutto i giovani, la valutazione forse più convincente fu quella maturata dagli anarchici.

Per loro, infatti, la Comune di Parigi fu, innanzitutto, la rivolta del localismo contro il centralismo, il tentativo di distruggere, dal basso, il potere centralizzato, un’impresa, specie in un paese fortemente accentratore come la Francia, da sempre imperniata su un potere unificato.

Agli occhi degli anarchici la Comune di Parigi, come ha scritto lo storico Cole nel suo Storia del pensiero socialista, non era uno Stato «ma la negazione dello Stato e perciò essa doveva, anche dinanzi alle esigenze militari, conservare il suo carattere democratico e seguitare a basarsi sulle piccole comunità locali di cui Parigi era composta.»

Alla base della Comune, un progetto decisamente federalista che promoveva l’autonomia da contrapporre al centralismo, ci fu la precipua volontà di far partecipare tutti a ogni aspetto della vita politica e sociale, senza nessuna esclusione, nella convinzione che la forza di una comunità partisse proprio dalla totale partecipazione.

A proposito della Comune di Parigi Bertolt Brecht ebbe a dire:

«Abbiamo visto che del governo ci si può fidare come ci si fida di un bugiardo nato. Oggi siamo tutti decisi: governiamo da soli, se vogliamo migliorare.»

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