Fatti della Storia

Sam Bartram, la solitudine del numero 1

Si sostiene, talvolta, riferendosi ai portieri di calcio, non senza un pizzico di poetica esagerazione, che siano tra tutti i ventidue in campo quelli più soli, costretti dalle regole del football a giocare una partita nella partita, spesso isolati dal contesto agonistico che, invece, coinvolge molto più attivamente gli altri calciatori sul rettangolo di gioco.

Un’affermazione, quella della solitudine dei numeri 1, volendo in tal senso fare riferimento al numero che tradizionalmente recano sulla maglia (da qualche tempo non sempre più così, visto che i portieri scelgono sempre più frequentemente numeri che con l’originario e iconico 1 hanno poco a vedere) che, nel caso di Sam Bartram non è un’esagerazione letteraria ma l’assoluta, incredibile verità.

Perché Sam Bartram, portiere di calcio di professione, rimase davvero solo in campo per ben ventidue minuti, fino a quando un poliziotto non si accorse di lui, avvisandolo che tutti gli altri giocatori erano da tempo rientrati negli spogliatoi.
Questa è la storia di Sam Bartram, scritta nella fitta nebbia di un Natale di moltissimi anni fa.

Portiere per caso

Prima di addentrarci in quel caliginoso pomeriggio natalizio di oltre ottant’anni fa, sospeso tra una descrizione fantozziana e una dickensiana, conosciamo Sam Bartram, portiere di calcio per professione. In verità, quel ruolo Sam, originario di Jarrow, cittadina portuale situata nel nord dell’Inghilterra, non distante dal confine con la Scozia, lo aveva scoperto per caso, complice l’infortunio del portiere titolare della squadra di Sam.

È il 1934, quando su un campo di periferia il Boldon Villa, una piccola squadra amatoriale, nella cui fila milita da qualche anno Sam Bartram, sta vendendo cara la pelle contro un’agguerrita avversaria. La partita è quantomai combattuta, tra azioni pericolose e interventi al limite del regolamento. Poi, quando il secondo tempo è cominciato da una manciata di minuti, ecco che il destino regala a Sam l’occasione della vita.

Il portiere del Boldon nel disperato tentativo di salvare la propria porta, esce sul centravanti avversario. Il pericolo è sventato ma l’impatto fra l’estremo difensore e l’attaccante è durissimo. A farne le spese è il ginocchio del portiere del Boldon. Il dolore è fortissimo, pari solo alla disperazione dell’estremo difensore consapevole dell’entità dell’infortunio che lo costringe a lasciare il campo.

L’allenatore del Boldon, nei pochi istanti che il match gli concede, deve prendere una decisione importante, conscio di non avere in panchina un vero e proprio portiere di riserva.
La scelta su chi far entrare cade su Sam Bartram che in mezzo a una porta di calcio non c’è mai stato; di solito, infatti, gioca a centrocampo, al massimo in attacco.
Sam, comunque, non si tira dietro; entra in campo, ignorando come la sua carriera da calciatore, fino a quel momento anonima, stia per mutare e per sempre.

Tra i pali quel giorno Sam si fa rispettare, annullando ogni tiro avversario. Lo stile, magari, non è raffinatissimo ma poco importa perché la porta rimane inviolata, per la gioia dei compagni di squadra e dei tifosi sugli spalti che si esaltano per le prodezze di quell’improvvisato numero uno.

Tra i supporter plaudenti c’è anche Angus Seed. Lui non è un tifoso ma un osservatore del Charlton Athletic Football, club calcistico londinese, molto più prestigioso dell’amatoriale Boldon; insomma Seed è uno di quelli che girano per i campetti di periferia a scovare talenti.
E Angus è convinto che un talento su quell’anonimo rettangolo verde lo abbia trovato.

A fine partita l’esperto osservatore va negli spogliatoi per complimentarsi con Sam ma, soprattutto, per offrirgli un provino.
Bartram è incredulo, ancora non si capacita di quello che gli è accaduto. Prima il debutto in un ruolo in cui non aveva mai giocato; poi una sorprendente, positiva prestazione; infine, la proposta di un club della massima divisione inglese.
Ma il sogno per Sam Bartram è ancora lontano da finire.

Pochi giorni dopo è sul campo del Charlton per sostenere il provino da cui dipende il suo futuro, sospeso tra l’anonimato della periferia e il proscenio della First Division, (l’attuale Premier League), il più importante campionato di calcio del mondo.
Il provino va bene, Sam Bartram è acquistato dal Charlton, sarà lui a difenderne i pali negli anni a venire.
Il brutto anatroccolo sta per trasformarsi in un bellissimo cigno.

Quella partita nella nebbia

Sono trascorsi tre anni da quell’incredibile colpo di fortuna, Sam è titolare indiscusso del Charlton, nonostante un debutto da incubo. La prima partita da titolare con la maglia biancorossa della sua nuova squadra è stata da dimenticare. Per ben sei volte Bartram è costretto a raccogliere la palla in fondo alla rete della porta che difende, tra i lazzi dei tifosi avversari e la comprensibile perplessità dei sostenitori del Charlton che si chiedono se sia stato opportuno affidarsi a quel ragazzo per il delicato ruolo di portiere.

Un simile passivo, oltretutto al debutto, disarcionerebbe qualsiasi giocatore ma non Sam che partita dopo partita dimostrerà tutto il suo valore.
Ma la vicenda del suo esordio assoluto come portiere nel Boldon, così come lo sventurato esordio nel Charlton sono episodi che impallidiscono al cospetto di quello che il destino gli sta ancora per riservare.

Londra, 25 dicembre 1937. Allo Stamford Bridge, la casa del Chelsea, il club calcistico londinese fondato nel 1905, si gioca l’incontro fra la squadra locale e il Charlton Athletic Football, uno dei tanti, agguerriti derby che rendono unico il campionato di calcio inglese.

La posta in palio in quel giorno di Natale è alta anche se i presagi non sembrano dei migliori. Sulla capitale inglese, fin dal mattino, una fitta nebbia avvolge la città. Un’atmosfera dickensiana ma certamente non l’ideale per un incontro di calcio; ma lo show calcistico, specie nel pieno delle feste natalizie, non può arrestarsi, la partita, dunque, si giocherà.

Nonostante la coltre che avvolge lo Stamford Bridge il match è combattuto, all’insegna della campanilistica rivalità. Il primo tempo finisce in parità e le squadre vanno negli spogliatoi per il meritato riposo.

Ma è nel secondo tempo che il destino scrive una delle pagine più assurde e incredibili della storia del calcio. Minuto cinquantacinque, l’arbitro, visto il perdurare della caligine, chiama a sé i capitani delle due squadre in campo. Per la giacchetta nera proseguire l’incontro è inconcepibile; la visibilità è pari a zero, giocare, oggettivamente, è impossibile. I capitani sono d’accordo, la partita tra Chelsea e Charlton è sospesa. Alla spicciolata i giocatori, ombre nella nebbia, guadagnano gli agognati spogliatoi.

Tutti, tranne uno.
Sam Bartram, proprio lui, non sentendo il triplice fischio dell’arbitro, rimane in campo per altri ventidue minuti. Per lui il derby non è ancora terminato.

«Pensavo stessimo attaccando»

Mentre lo stadio si spopola e i giocatori da tempo sono negli spogliatoi, Sam Bartram è ancora tra i pali, inconsapevole di giocare nel deserto. Il freddo è pungente, per questo prova ad attenuarlo muovendosi lungo la linea della porta, una tecnica che ha imparato anni prima per difendersi dai rigori del generale inverno.

D’altra parte di muoversi per parare non se ne parla quel giorno; da diversi minuti, infatti, sembra che gli avversari siano svaniti in quella coltre fumosa, tanto che di tiri verso la sua porta non ne arrivano proprio.

Meglio così, nessun tiro, nessuna parata da compiere ma soprattutto nessun goal da subire.
Ma Sam Bartram non può certo sapere che quell’insolita mancanza di attacchi avversari non dipende dalla bravura dei suoi compagni di squadra ma dal fatto che sul rettangolo verde, in quell’indimenticabile Natale del 1937, è rimasto solo lui.
A riportare Sam sulla terra, strappandolo dalla narrazione dell’incredibile, ci pensa un poliziotto. Lo zelante agente sta ultimando il servizio quando scorge nella fitta nebbia la sagoma di un giocatore.

Sulle prime quel poliziotto rimane incredulo, derubricando quella visione a motivazioni che vanno dal mistico al prosaico. Poi, resosi conto che non si tratta di traveggole ma di pura realtà, urla al malcapitato con tutta la voce che può:

«Ehi tu, ma che ci fai ancora lì? Non vedi che sono andati via tutti?»

Quelle parole fendono la nebbia e vengono captate da Sam che sulle prime stenta a crederci, riconducendo il tutto a un simpatico scherzo confezionato dai compagni di squadra; poi, quando comprende che non è al centro di un’ingegnosa e riuscitissima burla, si arrende alla comica evidenza dei fatti. In quel pomeriggio di Natale è davvero rimasto per più di venti minuti il solo giocatore sul campo, intento a difendere i pali di una porta che non sarebbe stata mai più violata, semplicemente perché gli avversari, al pari dei suoi compagni, già da tempo avevano lasciato il rettangolo di gioco.

A coloro che tra il divertito e lo stupito nei giorni a venire gli domandano come mai non si fosse chiesto il perché di quell’insolita assenza di attacchi avversari, lui serafico risponde: «pensavo stessimo attaccando da un po’.»

Sam Bartram, la leggenda del Charlton

Dopo quell’incredibile partita immersa nella nebbia, Sam Bartram difenderà la porta del Charlton centinaia di altre volte. Nei ventuno anni di carriera, impreziosita anche da tre presenze con la nazionale inglese, Bartram collezionerà ben 579 presenze, tutte con la maglia del Charlton, l’unica squadra professionistica della sua vita da calciatore.

L’ultima partita Sam la disputa nel marzo del 1956. Tutto è cambiato rispetto a quel lontano 1934, quando il suo sogno era semplicemente iniziato su un piccolo, anonimo campo di periferia.

Sul trono inglese non c’è più un re ma una giovanissima regina, anche lei destinata a entrare nella storia. La guerra, costata sessanta milioni di vittime, è terminata da undici anni e in Europa si respira un’insolita aria di pace.

Quell’ultima partita, ancora un derby, vede la sua squadra prevalere 2 a 0 sull’Arsenal, un epilogo ben diverso dallo sfortunatissimo debutto con la maglia del Charlton Athletic Football.

Bartram negli anni a seguire intraprende la carriera di allenatore, guidando prima lo York City e poi il Luton Town. Ma da tecnico Sam non lascia onestamente il segno, tanto che nel 1962, dopo solo sei anni, abbandona definitivamente l’incipiente professione ma non lascia il calcio che continuerà a seguire in veste di commentatore.

Sam Bartram muore il 17 luglio del 1981, all’età di sessantasette anni. Decenni dopo, nel 2005, in occasione delle celebrazioni per i cento anni del Charlton Athletic Football, una colossale statua raffigurante Sam Bartram fu collocata davanti all’ingresso del The Valley, la casa del Charlton, lo stadio che ospitò Bartram per oltre vent’anni.

Il giorno dell’ultima partita di Bartram, Jimmy Seed, l’allenatore del Charlton, alla fine dell’incontro, pronuncia poche parole, innervate di una nascente nostalgia, unita a una realistica, incommensurabile stima per quel leggendario portiere:

«Sentirò un tonfo al cuore quando stenderò la formazione per la partita della prossima settimana senza il nome di Sam in cima.»

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