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La Legione straniera, intervista a Domenico Vecchioni

Domenico Vecchioni

La legione straniera non è semplicemente un corpo militare è molto di più. Dalla sua nascita nel 1831, al tempo di Carlo X, la Legione ha conosciuto alterne vicende, alcune gloriose, altre meno ma sempre sulla cresta dell’onda.  Della Legione straniera, della sua plurisecolare storia, delle regole ferree adottate, dei diversi protagonisti che indossarono la caratteristica uniforme ma anche di molto altro ne parliamo con Domenico Vecchioni, uno dei massimi esperti italiani sull’argomento.

Domenico Vecchioni, diplomatico e saggista, autore di "La legione straniera. Storie, regole e personaggi"
Domenico Vecchioni, diplomatico e saggista, autore di “La legione straniera. Storie, regole e personaggi

Domenico Vecchioni, diplomatico di professione con numerosi incarichi in svariate parti del mondo (dall’Argentina alla Nato, passando per Cuba, l’Unione Europea, Francia, Spagna e ovviamente Italia) storico per passione con numerosi titoli alle spalle, ha scritto per DiarkosLa Legione straniera. Storia, regole e personaggi” un agile saggio in cui l’assoluto protagonista, analizzato a 360°, è il corpo militare d’élite dell’esercito francese che, ieri come oggi, è inevitabilmente fonte di fascinazione anche per quell’alone di mistero che da sempre lo circonda.

Lei ha scritto più di un saggio storico, spaziando da Pablo Escobar allo Sbarco in Normandia. Cosa l’ha spinta a scegliere nel mare magnum della storia, un argomento così specifico come quello della Legione straniera?

Mi hanno sempre affascinato le figure storiche dalle personalità ambigue, contraddittorie, difficili da decifrare. Mi sono così interessato ai dittatori più strambi del XX secolo (tipo l’imperatore Bokassa I), ai grandi truffatori, alle grandi spie, agli agenti “doppi”, ecc. È uscito, proprio in questi giorni, un mio saggio sui grandi traditori. Mi è venuto quindi naturale approfondire la conoscenza dei “legionari”, figure che nell’immaginario collettivo hanno finito per assumere contorni contrastanti. Per alcuni non sono stati, nella sostanza, che dei mercenari senza scrupoli, utilizzati per quei lavori non affidabili alle forze armate regolari; per altri, invece, sono stati dei guerrieri coraggiosi, generosi, sempre pronti al combattimento e la cui esperienza, accumulata in quasi due secoli di vita, ha fatto oggi della Legione straniera uno dei corpi d’élite più considerati e rispettati al mondo. Conservando, peraltro, quell’alone di mistero e di fascino che aleggia sempre sulla loro figura e che mi ha spinto appunto a volerli conoscere un po’ più da vicino.

Nelle pagine del suo libro ripercorre le varie tappe di una lunga storia che principia nel lontano 1831, quando il re francese Carlo X firmò l’ordinanza istitutiva della Legione straniera. Quali furono le ragioni che spinsero quel monarca, in un periodo storico non semplice per la Francia, a creare quel particolare corpo militare?

La Legione straniera (francese) nacque quando Parigi avviò la sua politica coloniale e di conquista in Africa del nord e, in particolare, in Algeria. Si rivelò, infatti, necessario poter contare su una forza permanente e residente nei territori da conquistare, formata da stranieri ai quali era fatto divieto di operare sul territorio metropolitano, il che avrebbe avuto un duplice vantaggio. Da una parte, trattandosi di soldati stranieri, la loro presenza in quei territori ostili non avrebbe creato troppo problemi politici a Parigi. In fin dei conti non erano soldati francesi a combattere e a morire. Dall’altra, evitava che i legionari dovessero affrontare un “problema morale”, qualora, se presenti in Europa, avessero dovuto combattere contro le patrie di origine. La creazione della Legione, inoltre, rispondeva anche a un’altra esigenza: mettere ordine e disciplina nelle truppe straniere (mercenarie) che a vario titolo erano presenti all’interno delle forze regolari francesi. Presenze non sempre affidabili e professionalmente valide. Raggruppandole in un solo corpo, sarebbero state meglio inquadrate, avrebbero ricevuto un più intenso addestramento, sarebbero state legate un forte “esprit de corps” e avrebbero sviluppato una fedeltà a tutta prova alla causa francese.

Nel corso della sua lunga storia la Legione straniera ha conosciuto alterne vicende, passando letteralmente dalla gloria alla polvere. C’è stato un momento in cui questa istituzione ha davvero rischiato, magari sull’onda delle polemiche, di essere abolita?

Sì. Durante le ultime fasi della guerra d’Algeria. La legione si era schierata quasi tutta in favore dei quattro generali del colpo di Stato del 1961 (Challe, Salan, Jouhaud e Zeller) che volevano conservare l’Algeria alla Francia al motto di “Algérie française!”. Tentativo fallito grazie alla ferma reazione del governo francese e all’immenso prestigio di cui godeva il generale De Gaulle in seno alle forze armate francesi. Ora tutti si aspettavano che la Legione sarebbe stata punita per il supporto dato ai generali golpisti. Da più parti si levarono voci per il suo scioglimento.

Tuttavia, De Gaulle pensò che non si poteva rinunciare alla professionalità dei legionari, senza correre il rischio di disorganizzare tutto il dispositivo militare francese in Algeria, in un momento molto delicato, mentre insomma la guerra continuava. Di conseguenza solo alcuni reggimenti più coinvolti nella vicenda furono sciolti. La Legione sopravvisse alla crisi. Del resto l’anno dopo (luglio 1962) l’Algeria ottenne l’indipendenza e la Legione fu obbligata a lasciare la sua sede storica di Sidi bel Abbès per trasferirsi nel sud della Francia, a Aubagne, vicino Marsiglia. Cominciava per i legionari una nuova vita, con nuove finalità e una nuova ragion d’essere. Essa tuttavia manteneva intatte le sue tradizioni, la sua mistica e conservava il suo credo originario.

Uno dei capitoli più interessanti del suo libro riguarda proprio Sidi Bel Abbés, una sorta di vera capitale della Legione. Può raccontare cosa ha rappresentato per i legionari quella cittadella?

Fu la “città della Legione”. Costruita intorno al 1840 dagli stessi legionari in un luogo strategico situato tra Orano e Daya, inizialmente prevista come un grande accampamento, divenne presto la “casa madre” della Legione, il suo quartier generale, il centro pulsante da dove partivano gli ordini, si organizzavano le missioni e si gestiva il personale. Era il luogo dove il legionario si ritirava per godersi la pensione insieme alla famiglia e agli amici. Si verificò così un’inevitabile identificazione tra la città (costruita dal nulla dai legionari e per i legionari) e la Legione, che vi lasciò un’impronta indelebile. Essa vi rimase per circa 120 anni, 6 generazioni, dal 1841 al 1962. Fu proprio lì che i legionari alimentarono la loro leggenda di “sodati-costruttori”, trasformando “un accampamento in una florida città, una solitudine in un angolo fertile, immagine della Francia”. In definitiva, se i legionari si battevano e morivano per la Francia, la loro “capitale” non era Parigi, ma Sidi Bel Abbès. Il trasferimento forzato a Aubagne, dopo l’indipendenza dell’Algeria, fu per loro uno shock emotivo fortissimo, una ferita che si rimarginerà con molta difficoltà.

Leggendo “La Legione straniera. Storia, regole e personaggi” ho scoperto che non pochi sono stati gli italiani che hanno fatto parte della Legione, ci vuole parlare di alcuni di loro?

Dopo i tedeschi, gli italiani furono i legionari più numerosi. Furono circa 60.000, dall’inizio fino al 2015. I più famosi furono senza dubbio Giuseppe Bottai e Curzio Malaparte. Bottai fu un esponente di spicco del regime fascista, “ospitato” nella Legione dal 1944 al 1948 sotto il nome fittizio di Andrea Battaglia. Il 25 luglio 1943 votò l’ordine del giorno Grandi, che mise in minoranza Mussolini. L’ex ministro fascista si ritrovò presto in una difficilissima situazione. Era cioè ricercato sia dai suoi ex camerati, che volevano fargli pagare il “tradimento”, sia dai partigiani che davano la caccia ai più importanti gerarchi del fascismo. Con l’aiuto del Vaticano, Bottai riuscì a far perdere le sue tracce, arruolandosi appunto nella Legione straniera. Sulla sua vita da legionario, egli scrisse in seguito un libro dal titolo “Legione è il mio nome” (Garzanti 1950).

Domenico Vecchioni
Domenico Vecchioni

Il caso di Malaparte, invece, è del tutto diverso. Si arruolò nel 1914, aveva appena 16 anni ed era animato da possenti sentimenti patriottici. Per farsi accettare arrotondò la sua età, assicurando di avere l’età minima prevista (17 anni e mezzo). L’Italia, in effetti, si era dichiarata neutrale. Per combattere contro gli Imperi Centrali, quindi, non restava che arruolarsi nella Legione e precisamente nella “legione garibaldina”, formata da tutti gli italiani desiderosi di battersi. Per l’occasione la Legione aveva avuto l’autorizzazione -contrariamente alla regola stabilita inizialmente – di combattere anche in Europa. Malaparte vi restò meno di un anno. Nel 1915 l’Italia entrò nella Prima guerra mondiale e Malaparte, come del resto tutta la legione garibaldina, venne a combattere in patria.

La Legione straniera ha sempre rappresentato nell’immaginario collettivo la possibilità di fuga dal quotidiano, l’occasione per provare a rifarsi una vita. Quanto c’è di vero in questa visione romantica e al tempo stesso radicale?

Chi entrava nella Legione riceveva una nuova identità, iniziava una nuova vita, entrava in una nuova famiglia. Rappresentò un sicuro rifugio per tutti coloro che fuggivano da qualcosa, che volevano dimenticare qualcuno o farsi dimenticare, che avevano conti in sospeso con la giustizia, una delusione amorosa da smaltire, ecc. Rappresentò spesso l’ultima chance di sopravvivenza per chi non aveva più fiducia nella vita. Ma, ovviamente, c’era anche chi si arruolava per puro spirito d’avventura o per curiosità o anche, più semplicemente, per “sistemarsi” con un buon contratto.

Se le dico Susan Travers lei cosa mi risponde?

Susan Travers è stata la prima e unica donna ammessa nella legione straniera. Benché non esista una preclusione di ordine giuridico per l’ammissione delle donne, si è tuttavia affermata e consolidata la tradizione che ha portato a considerare troppo gravose per una donna le condizioni di appartenenza alla Legione. Tuttavia ci fu quest’unica eccezione per i grandissimi meriti acquisiti accanto ai legionari dalla britannica Susan Travers nella battaglia di Bir-Hakeim (Libia) nel 1942. Fu una rondine che non fece primavera. Va detto che oggi possiamo trovare donne in servizio nella Legione. Ma solo a livello di ufficiali, che provengono dai ranghi dell’esercito regolare francese, dove appunto prestano servizio anche le donne a livello invece di “truppa”, degli stranieri, dei veri legionari ( i soldati e i sottufficiali), non sono state più ammesse donne, oltre la Travers.

La Legione straniera ha inevitabilmente ispirato molto registi. A suo avviso quale fra queste pellicole (personalmente adoro “I due legionari”, pellicola del 1931 con i mitici Stanlio e Ollio nella parte di due strampalati soldati della Legione) racconta meglio l’unicità di questo corpo militare?

Il rapporto del cinema con la Legione ha risentito ovviamente delle mode del momento e della diversa percezione del pubblico nei confronti dei legionari. Così – sintetizzando – si è passati dalla visione romantico-eroica degli anni 1930/40 (Gary Cooper nel film Beau Geste) a quella critica e dissacrante degli anni 1960 (La battaglia d’Algeri di Gillo Pontecorvo). Dal legionario spavaldo e simpatico degli anni 1980 (Jean-Paul Belmondo nell’Oro dei legionari), al legionario coraggioso e fedele alla causa degli anni 1990 (Jean-Claude Van Damme in The Legionary- Fuga all’inferno). La popolarità della legione raggiunse probabilmente il suo picco negli anni 1940, contaminando anche il mondo della canzone, con alcuni pezzi mitici (Marie Dubois con Mon Légionnaire , Edith Piaf con Non je ne regrette rien e Frank Sinatra con French Foreign Legion) e quello della satira Stan Laurel (Stanlio) e Oliver Hardy (Olio) in ben due film, I due legionari e I diavoli volanti.

Se dovesse descrivere con un aggettivo la Legione straniera quale utilizzerebbe?

Esaltante.

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