La figura di Trotula de Ruggiero, un nome dal sapore antico unito a un cognome decisamente più comune, a molti oggi potrà dire poco; eppure questa donna, la cui biografia alligna nell’Italia meridionale, è stata una delle figure più importanti del nostro Medioevo.
Ripercorriamo insieme la biografia di Trotula de Ruggiero, una delle prime donne medico d’Italia e prima ginecologa della storia.
La Scuola di Salerno e le mulieres salernitanae
Prima di fare la conoscenza di Trotula è utile approfondire la storia della Scuola di Salerno, una delle istituzioni mediche più importanti di tutto il Medioevo, punto di riferimento scientifico di tutto il bacino del Mediterraneo, perché Salerno, come ha scritto lo storico Sven Stelling-Michaud «costituì il vero tramite tra le scuole di medicina orientali e occidentali prima del Rinascimento.»
La nascita dell’istituzione medica nella città di Salerno, dal 847 d.C. capitale di un importante principato longobardo, centro commerciale e culturale di primissimo piano, affonda le radici nell’eterna bellezza del mito.
Sulla base di un’antica leggenda la Scuola medica salernitana sarebbe stata fondata agli albori del IX secolo d.C. da quattro singolarissimi personaggi, depositari di antiche conoscenze e moderne competenze che rispondevano al nome di Elino di Betania, Adela di Aleppo, Ponto di Alessandria d’Egitto e, infine, Salerno, originario, come evidente dal toponimo, della stessa città dove poi sorgerà l’istituzione stessa.
Non è dato sapere se quei quattro dotti siano davvero esistiti, di certo, è innegabile il forte simbolismo che il racconto promana, perché dietro ognuno di quei mitici fondatori, ci sono esperienze culturali differenti e antiche tradizioni scientifiche di cui la Scuola di Salerno divenne l’inevitabile approdo, sintesi ideale delle tendenze scientifiche dell’epoca, da quella ebraica a quella araba, passando per quella greco-bizantina e, approdando, infine, a quella latina. Insomma, come ha scritto Ferruccio Bertini, «la Scuola salernitana fu un crogiuolo nel quale vennero via via fondendosi tutte le grandi correnti del pensiero medico antico.»
Al netto della veridicità della leggenda, la Scuola a partire dai primi anni del XI secolo, fu un’istituzione fiorente, conosciuta e apprezzata in tutta Europa e non solo, punto di riferimento per moltissimi medici, tanto che, nel 1231, Federico II stabilì, come espressamente scritto nelle Costituzioni di Melfi che la professione di medico nei territori sotto la sua giurisdizione, potesse essere esercitata solo in possesso del diploma rilasciato dalla Scuola di Salerno.
Un prestigio che si consoliderà nel corso dei decenni, attirando nella Hippocratica civitas studenti da ogni dove, attirati dalla fama dell’istituzione, dalla modernità delle discipline insegnate, non solo mediche, per la verità, visto che nei programmi c’era anche la filosofia, secondo l’antica tradizione greca. Ma nella città di Ippocrate giunsero anche moltissimi infermi, speranzosi di trovare in quella roccaforte della medicina più di una flebile speranza.
Tra i tanti studenti che si iscrissero ai corsi della Scuola di Salerno vi furono anche diverse donne, una consuetudine al tempo rara, figlia, però, di quella apertura mentale e di quella laicità di cui l’istituzione medica andò sempre molto fiera.
Le mulieres salernitanae, come passarono alla storia, non furono solo delle studentesse ma in taluni casi anche delle docenti, un traguardo prestigioso, l’ennesima medaglia da apporre al gonfalone della Schola Salerni.
Una tradizione, quella delle mulieres salernitanae che dalla fondazione della Scuola si consolidò nel corso dei secoli, annoverando figure di spicco quali Abella di Castellomata (vissuta nel XIII secolo, insegnante e autrice di un trattato sulla bile nera e uno sulla natura del seme umano) Rebecca Guarna, a cui si deve un importante trattato sull’embrione o Francesca Romana, alla quale, viste le indubbie qualità, fu concessa l’autorizzazione a esercitare la chirurgia.
Trotula de Ruggiero: storia della prima ginecologa tra mito e realtà
La prima di questa folta schiera di “medichesse” come nel medioevo venivano anche chiamate le donne medico e che incluse, tra le altre, anche Costanza Calenda, fu Trotula de Ruggiero, la cui vicenda biografica sconfina spesso nel mistero, in un intreccio di mito e realtà che rese la sua figura ancora più affascinante ed eterna, al punto da far supporre che non sia addirittura esistita.
Ecco cosa scrive a proposito lo studioso della medicina Giorgio Cosmacini:
Chi, invece, ritiene che Trotula sia realmente esistita, colloca la sua nascita nella città di Salerno, nei primi decenni del XI secolo, discendente di una famiglia di origine normanna, come il cognome de Ruggiero facilmente tradisce.
Andata in sposa al medico Giovanni Plateario, Trotula, probabilmente diminutivo del più comune Trota, ebbe due figli, Giovanni e Matteo che nel solco familiare divennero medici, formandosi anche loro alla Scuola di Salerno e passando alla storia come Magister Platearii.
Il De passionibus mulierum ante, in et post partum
Se scarne e lacunose sono le informazioni sull’esistenza di Trotula de Ruggiero, stessa cosa non si può affermare per opere che le vengono attribuite, di cui la più importante è, senza dubbio, il De passionibus mulierum ante, in et post partum, chiamato anche Trotula major per la vastità e l’importanza della trattazione.
Pervenutoci, purtroppo, non nella veste originale ma in numerose copie manoscritte e a stampa, il De passionibus mulierum ante, in et post partum si configura come un vero e proprio manuale di ginecologia, ostetrica e puericultura, opera al tempo unica nel suo genere, tanto che, per almeno due secoli, il XIII e il XIV, rappresentò nel mondo scientifico una pietra miliare della medicina e della nascente ginecologia.
La singolarità del trattato di Trotula non si limita alla vastità e completezza dei temi trattati ma anche al taglio che l’autrice conferisce all’opera, unico anch’esso e che viene ben esplicitato nel prologo con cui Trotula definisce inequivocabilmente la natura e la finalità del suo scritto, superando ogni forma di vergogna o tabù:
Un libro di ginecologia, dunque, scritto da una donna per le donne, poste al centro della trattazione, attraverso un’analisi approfondita e dettagliata non solo della specificità del corpo femminile ma anche di tutte quelle malattie, al tempo note, strettamente connesse alla gravidanza, al parto e alle fasi successive ad esso.
La singolarità del tema trattato, lo specifico taglio conferitole, rese il De passionibus mulierum ante, in et post partum un’opera imprescindibile, almeno fino a quando la medicina non approdò a nuove scoperte scientifiche.
L’opera di Trotula letta oggi può lasciare perplessi, specie in merito ad alcuni principi medici fondamentali che risentono e non poco in verità, dell’impostazione classica, quella derivante addirittura da Ippocrate. Può, addirittura, far sorridere riguardo ad alcune prescrizioni mediche che alla luce dell’attuale ginecologia sono derubricabili a semplici, innocui consigli, ben lontani da vere e proprie cure mediche ma l’importanza e l’unicità dell’opera esulano da una lettura aprioristica, perché solo storicizzando si comprende appieno il valore concettualmente innovativo del trattato di Trotula. Con il De passionibus mulierum ante, in et post partum il corpo della donna viene, per la prima volta, elevato ad argomento scientifico.
Trotula de Ruggiero ginecologa: il De ornatu mulierum e il De curis mulierum
Di contenuto decisamente meno innovativo sono le altre due opere attribuite a Trotula, il De ornatu mulierum (Sulla cosmesi delle donne) e il De curis mulierum (Sui trattamenti delle donne). Entrambe, insieme al De passionibus, confluiscono nel Summa qui dicitur Trotula (Compedio chiamato Trotula) come ha scritto Erika Maderna nel suo “Medichesse. La vocazione femminile alla cura” «sembrano invece suggerire un intento prevalentemente empirico, risolto nell’elencazione di ricette e suggerimenti pratici, forse pensati per una consultazione più rapida.»
Nel De ornatu mulierum, ad esempio, Trotula affronta l’annosa questione della rimozione dei peli, ottenibile attraverso l’utilizzo di una lozione piuttosto composita a base, tra l’altro, di succo di cocomero asinino, latte di mandorla e calce viva. Ma offre dei consigli anche in merito allo sbiancamento dei denti, raggiungibile attraverso l’applicazione di marmo bianco bruciato, semi di dattero, anche essi bruciati, natron bianco, una tegola rossa, del sale e della pomice. Insomma, un bel miscuglio, non c’è che dire, dall’esito, tuttavia, quantomeno sospetto.
Se nel De ornatu mulierum Trotula fornisce una serie di consigli di tipo cosmetico, nel De curis mulierum torna a occuparsi più di medicina, somministrando consigli per risolvere varie problematiche, dalle lesioni al seno, risolvibili con impacchi composti da varie erbe, tra cui la camomilla e altea, alle difficoltà del parto, migliorabile, a detta di Trotula, con ripetuti bagni e suffumigi di spigonardo e analoghe sostanze aromatiche.
Ma nel De curis mulierum Trotula non si occupa solo di vere e proprie malattie; affronta anche questioni meno rilevanti dal punto di vista della salute della donna ma, non per questo, meno fastidiose. È il caso del sudore maleodorante, risolvibile applicando un panno intinto nel vino nel quale siano state fatte bollire delle foglie di mirtillo o delle lentiggini sul viso, eliminabili, stando a Trotula, con un composto a base di radice di bistorta, ridotta in polvere e mischiata con ossi di seppia e incenso.
Su Trotula de Ruggiero e sulla dibattuta questione se sia o meno esistita, ancora Erika Maderna: