Il nome di Tutankhamon, il faraone bambino che salì sul trono d’Egitto a soli nove anni, è noto in tutto il mondo ma, ancor di più, lo è la sua magnifica tomba, florilegio di ricchezza, simbolo di potere ed eternità, degnamente rappresentata dalla fantasmagorica maschera funeraria, leggendario biglietto da visita di un luogo unico nel suo genere.
Questo è il racconto di uno dei faraoni più famosi d’Egitto e della scoperta del suo mitico luogo di sepoltura, la tomba di Tutankhamon.
Tutankhamon, il faraone bambino
Tutankhamon (in origine si chiamava Tutankhaton) nasce ad Akhetaton, l’attuale Amarna, nel 1341 a.C. Ricostruire, ancora oggi, l’esatta genealogia del futuro faraone bambino, viste le diverse ipotesi formulate sul campo, è un’operazione nient’affatto semplice.
Se per alcuni storici è figlio di Amenhotep III, per molti altri, invece, a dare i natali a Tutankhamon è Akhenaton, il faraone che fonda dal nulla la città di Akhetaton.
Dedicata al dio Aton, questa nuova città è la certificazione, nella solidità della pietra, di quella rivoluzione religiosa che Akhenaton ha convintamente attuato, abbandonando il tradizionale politeismo egizio a favore di una religione fondamentalmente monoteista che ha in Aton, il dio del sole, il perno assoluto. Uno sconvolgimento assoluto, segnato dalla proibizione dei vecchi culti e ottenuto, anche, attraverso la deposizione dei ministri di culto e l’abbandono degli antichi templi che, così, cadono rapidamente in rovina.
Nella nuova città, strategicamente costruita a metà strada tra le antiche capitali di Menfi e Tebe, il piccolo Tutankhaton muove i primi, timidi passi, ignaro che il destino sta tracciando per lui un futuro di gloria perenne. Le reiterate e ravvicinate morti dei vari membri della corte, a partire da Akhenaton, passando per la leggendaria Nefertiti e Smenkhara, il predecessore di Tutankhaton, proiettano quel ragazzino di soli otto anni (nove stando ad altre fonti) sul trono di uno dei regni più antichi, potenti e affascinanti della storia.
Le prime mosse compiute dal piccolo faraone, opportunamente consigliate dal consiglio di reggenza, dominato dalla figura di Aye che lo affianca vista la sua giovanissima età, sono tutte all’insegna della riconciliazione con la tradizione egizia, a partire dalla cerimonia dell’incoronazione che avviene nell’antica Tebe, la capitale religiosa dell’Egitto, nel tempio di Karnak, al cospetto delle statue di quegli dei che Akhenaton, invano, aveva cercato di soppiantare.
A conferma della scelta politeista, in luogo del culto monoteistico mai davvero allignato, Tutankhaton cambia il proprio nome nel più “popolare” Tutankamon, letteralmente immagine vivente del dio Amon, una mossa fatta per accaparrarsi il favore del popolo e, soprattutto della casta sacerdotale, gratificata anche dalla restituzione di quegli antichi privilegi che Akhenaton aveva in parte eliminato.
Su quel trono leggendario Tutankhamon rimane ben nove anni, tanti se confrontati con la durata dei mandati dei suoi predecessori. Si spegne nelle prime settimane del 1323 a.C., in circostanze mai del tutto chiarite dalla storia.
La misteriosa morte di Tutankhamon
Sulla morte del giovane faraone nel corso dei secoli sono state avanzate svariate ipotesi, alcune decisamente fantasiose, alimentate in taluni casi, da vere e proprie leggende che si rafforzarono all’indomani della incredibile scoperta della sua meravigliosa tomba.
Partiamo, subito, da un assunto, Tutankhamon, fin dalla nascita, non gode di buona salute. Come è emerso da un’autopsia virtuale condotta nel 2014 da alcuni specialisti dell’American University del Cairo, Tutankhamon aveva un fisico decisamente provato. Oltre ad una dentatura imperfetta, caratterizzata da denti decisamente sporgenti, aveva i piedi divergenti, tra cui il sinistro “equino”, malformazioni che gli provocano, come affermato dal radiologo Ashraf Selim, grossi problemi di deambulazione, in parte compensati dall’ausilio di un bastone, oggetto di cui Tutankhamon non si priva mai durante la sua vita e che vuole con sé anche nella tomba. Sono, infatti, ben 130, seppur di diversa foggia, quelli rinvenuti nel suo fantasmagorico sacello.
A quella deformazione congenita si aggiungono negli anni altre problematiche di salute, criticità che spiegano, solo in parte, l’improvvisa morte, avvenuta nel 1323, dopo quasi dieci anni di regno.
Sulle cause di quel prematuro decesso gli storici si sono divisi. Per alcuni esiziale fu la malaria; per altri le conseguenze di una rovinosa caduta da cavallo. Qualcuno, invece, ipotizza che la morte sia sopraggiunta per la cancrena seguita a una frattura alla gamba. Per il professor Bob Brier, al contrario, alla base della scomparsa di Tutankhamon ci fu un colpo di bastone, vibrato sulla testa del faraone da Aye, responsabile per Brier anche della morte della giovane sposa di Tutankhamon.
Per l’egittologo statunitense l’ipotesi dell’omicidio sarebbe suffragata da un’inspiegabile densità alla base della testa, posta vicina al collo, emersa attraverso un’indagine radiografica, una zona oscura che, in buona sostanza, potrebbe essere stata causata, come spiegò nel corso di un documentario della BBC, da un’emorragia situata sotto le membrane che ricoprono il cervello e provocata proprio da un forte colpo inferto dietro la testa, magari assestato proprio dall’ambizioso Aye. Un’ipotesi, una delle tante che, tuttavia, non solleva il velo del mistero dalla prematura scomparsa del faraone bambino.
La scoperta della tomba di Tutankhamon
Se poco si sa sulla morte di Tutankhamon, molto, invece, si conosce della sua meravigliosa tomba che da un secolo magnifica le sorti del leggendario faraone.
Valle dei Re, 4 novembre 1922. Il sole è già alto quando Howard Carter, egittologo di fama che da un decennio conduce approfondite ricerche archeologiche nell’area su cui sorge una delle più grandi necropoli egizie, scorge nella sabbia rovente un apparente banale gradino.
Sulle prime lo studioso britannico, figlio del noto pittore Samuel Paul Carter, il cui approccio allo studio dell’antico Egitto è frutto più del caso che di un’iniziale passione, non pensa che quello scalino sia foriero di grandi novità. Anni di scavi in diversi siti egiziani, tra cui Karnak e Luxor, gli hanno insegnato a frenare ogni iniziale entusiasmo, onde evitare cocenti delusioni.
Ma questa volta contenere l’esaltazione sarà difficile, pressoché impossibile, perché quel primo, superficiale, insignificante gradino spalanca le porte su una meraviglia assoluta.
Nei giorni a seguire proseguono i lavori di scavo; i gradini aumentano e diventano ben sedici, quelli che compongono la scala d’accesso a un ipogeo che termina con una porta sigillata, dietro la quale si cela il paradiso.
Il 26 novembre, ventidue giorni dopo quella prima, fondamentale scoperta, quella soglia viene aperta, mostrando un florilegio di meraviglie, il cui minimo comun denominatore è lo sfavillante luccichio dell’oro.
Howard Carter e Lord Carnarvon, il finanziatore delle campagne archeologiche in terra d’Egitto, non credono ai loro occhi quando la luce delle loro torce illumina l’interno della tomba. Davanti a loro si dipana un tesoro sconfinato, anche decisamente mischiato.
Il disordine, effettivamente, regna sovrano tanto che Carter afferma che quello che lo attende sarà un lavoro duro «una gigantesca partita a Shanghai» ma è una partita che l’archeologo inglese vuole assolutamente vincere.
Hanno appena schiuso le porte sulla storia, gettando la luce della modernità sulla tomba di Tutankhamon, una scoperta che per la rilevanza dei reperti rappresenta un unicum nella storia dell’archeologia. Dopo cento anni dal ritrovamento della Stele di Rosetta, l’Egitto torna a far parlare di sé e in modo sensazionale.
Il primo dei diversi ambienti che costituiscono la tomba è la cosiddetta anticamera, dove Carter e i suoi collaboratori trovano un’ingente quantità di oggetti. Tra questi letti funerari, carri smontati, un trono sontuosamente decorato e anche due statue di guardiani a grandezza naturale.
Ma quella prima scoperta è solo un magnifico, luccicante antipasto di un pranzo ben più ricco, composto di portate davvero sensazionali. Nei mesi a seguire gli scavi portano alla luce altri ambienti sepolcrali, tra cui la camera funeraria del faraone, dove sono custoditi i preziosi sarcofagi e un’altra stanza, ribattezzata sala del tesoro, contente una miriade di oggetti, costituenti il corredo funebre del faraone.
In questo ambiente, stipato all’inverosimile di una miriade di oggetti preziosissimi, Carter e Lord Carnarvon si imbattono, tra le altre cose, in un sacrario d’oro contenente le viscere del faraone, in un’effige del dio Anubi, in delle miniature, ovviamente in oro, raffiguranti delle navi e diversi scrigni in alabastro.
La maschera d’oro rinvenuta nella tomba di Tutankhamon
Ma quelle scoperte che si ripetono in un crescendo di sensazionalità sbiadiscono al cospetto di quella che si materializza il 28 ottobre 1925.
Quel giorno, infatti, viene aperto il più interno dei tre sarcofagi di Tutankhamon, ognuno riportante in bellavista le effigie del faraone e la meraviglia si dilata davanti agli occhi increduli degli astanti, in primis a quelli di Howard Carter.
Sotto il pesante coperchio che da millenni serra il sarcofago di Tutankhamon, si nasconde la sua mummia sul cui volto, però, è adagiata una maschera composta completamente d’oro.
Il giorno successivo il fotografo ufficiale della spedizione archeologica, l’Inglese Harry Burton, scatta la foto del secolo, quella che immortala quel volto d’oro, strappato al sonno eterno della storia.
Così, nel suo diario, Carter, descrive quella superba, impareggiabile visione che fin da subito suscita nei presenti meraviglia, stupore, umanissima incredulità:
Si tratta, invero, della maschera funeraria del faraone bambino, un capolavoro dell’arte orafa, totalmente realizzata in oro, ben due strati diversi per caratura, come emerse, in seguito, da alcune analisi specifiche.
Ma quel capolavoro impareggiabile non sarà mai ammirato da Lord Carnarvon, spirato due anni prima, con modalità apparentemente inspiegabili e ammantate di mistero, il convitato di pietra di tutta la vicenda di Tutankhamon e della scoperta della sua strabiliante tomba.
La morte di Lord Carnavon e la maledizione di Tutankhamon
Il Cairo, 5 aprile 1923, hotel Continental. È notte fonda quando il quinto conte di Carnarvon spira nel suo letto nel lussuoso albergo della città egiziana.
La notizia della morte di colui che solo pochi mesi prima aveva preso parte alla scoperta del secolo, corre rapida per le strette vie del Cairo e non solo, portandosi dietro un’imperscrutabile spiegazione che radica nel mistero, nell’affascinante mondo del paranormale.
Sono in molti coloro che venuti a conoscenza della morte di Lord Carnarvon, che ironia della sorte era un convinto sostenitore dell’occultismo (era membro attivo della London Spiritual Alliance e un frequentatore assiduo di sedute spiritiche di cui spesso era l’organizzatore) attribuiscono quel decesso non a cause naturali ma a una imprecisata maledizione che colpirebbe tutti i responsabili dell’interruzione dell’eterno sonno regale del faraone bambino.
Nei giorni successivi alla morte di Lord Carnarvon, Clare Sheridan, corrispondente del “The World”, a proposito del decesso scrive parole che, inevitabilmente, rinfocolano quel clima di sospetto, di mistero che aleggia intorno alla dipartita di uno degli scopritori della tomba di Tutankhamon:
In realtà, la morte del nobile inglese è il risultato di spiacevoli, sfortunate congiunture che poco hanno a vedere con la scoperta della tomba di Tutankhamon.
Carnarvon nel febbraio del 1923 era stato punto sulla guancia destra da una zanzara, una circostanza non certo rara in un paese come l’Egitto, specie in una realtà come quella di Luxor, dove il conte trascorre buona parte del suo tempo. La puntura sulle prime non desta più di tanto preoccupazione, anche perché la ferita si cicatrizza, lasciando in eredità solo un’evidente, fastidiosa tumefazione. Ma il peggio deve ancora venire.
Alcuni giorni dopo, mentre Carnarvon è intento a farsi la barba, la lama del rasoio incide proprio quella cicatrice formatasi all’indomani della puntura della zanzara. A poco serve l’immediata pulizia della ferita con la tintura di iodio. Nelle ore a seguire, infatti, insorge l’erisipela (un’infezione acuta della pelle) che sfocia, poco dopo in sepsi, con l’immancabile corollario della polmonite.
Il quadro clinico di Lord Carnarvon peggiora rapidamente, andando ad aggravare uno stato di salute già da anni compromesso. L’aristocratico ha febbri elevate che non si attenuano nonostante le cure. Inoltre, è tormentato da violenti attacchi di tosse che non gli permettono di riposare come dovrebbe, debilitando, oltremodo, un fisico già piuttosto provato.
Sono settimane di vera e propria agonia e l’epilogo, purtroppo, non può che essere la morte che sopraggiunge alle luci dell’alba del 5 aprile 1923.
La morte di Carnarvon e quelle negli anni a venire di alcuni di coloro che avevano preso parte, seppur con responsabilità diverse, alla scoperta della tomba regale, fomentano i sostenitori della teoria che dietro quei decessi ci sia una sola spiegazione: la maledizione di Tutankhamon.
A onor del vero tutte quelle morti, avvenute, oltretutto, in un arco di tempo molto ampio, (Howard Carter, ad esempio, muore nel 1939; il fotografo della spedizione, Harry Burton, l’anno successivo; mentre il poliziotto Richard Adamson, responsabile della sicurezza di tutta la spedizione, addirittura nel 1982, alla veneranda età di ottantuno anni) hanno un’eziologia chiarissima, del tutto naturale, assolutamente scientifica che non ha nulla a che fare con la fantomatica maledizione di Tutankhamon.
Ma, si sa, la scienza non sempre riesce a tacitare le menzogne che, invece, si alimentano continuamente, edificando castelli di falsità, difficili da abbattere.
Sulla morte di George Edward Stanhope Molyneux Herbert, V conte di Carnarvon, sir Arthur Conan Doyle, il papà di Sherlock Holmes, da sempre incline all’occultismo, il giorno dopo quel decesso, scendendo da una nave nel porto di New York, ad alcuni giornalisti che gli chiedono il suo parere su quello che a molti sembra già un misterioso avvenimento, serafico risponde:
«Uno spirito maligno potrebbe aver provocato la fatale malattia di Lord Carnarvon. Non sappiamo quali spiriti elementali esistessero a quell’epoca né quale forma avessero; gli Egizi erano molto più esperti di noi in tal materia.»