Massimo Turchi, classe 1962, ha dedicato gran parte della sua professione di storico alla Linea Gotica, ovvero il principale fronte bellico dell’Europa meridionale, un confine lungo 320 chilometri che tagliava l’Italia in due parti, unendo il mar Tirreno a quello Adriatico, Massa Carrara a Rimini, l’ovest all’est.
Un impegno enorme, frutto di anni di intenso lavoro tra archivi, memorie, diari, saggi ma svolto anche direttamente sul campo, un’attività proficua scandita oltre che da tre corposi saggi, tutti editi dalla Diarkos, (“L’attacco. Agosto-ottobre 1944”; “Il lungo autunno. Ottobre 1944-marzo 1945”; e, infine, “L’offensiva finale. Aprile 1945”) anche dall’Associazione Linea Gotica-Officina della Memoria, di cui Massimo Turchi è presidente, un progetto a 360° che dona costante linfa alla vicenda storica della Linea Gotica.
Dottor Turchi da dove nasce questa sua passione per un argomento che purtroppo nei manuali di storia non trova mai lo spazio che meriterebbe?
Questa passione nasce nel 2002, quando organizzammo a Fanano un convegno sulla battaglia dei Monti della Riva al quale invitammo reduci americani, tedeschi e partigiani per parlare della loro esperienza vissuta durante la battaglia. Fu in quell’occasione che toccammo con mano il fatto che la guerra è un trauma per tutti quelli che l’hanno vissuta; e questo trauma spesso ha avuto implicazioni a livello familiare, arrivando, talvolta a coinvolgere anche le nuove generazioni. È vero spesso sui libri di testo le vicende della Linea Gotica non trovano lo spazio che meritano.
Per uno che non sa nulla di questa vicenda storica che interessò il nostro Paese, come spiegherebbe la Linea Gotica?
È stato l’ultimo fronte di guerra in Italia, e che per otto mesi (dalla fine di agosto 1944 all’aprile 1945) ha coinvolto una porzione abbastanza ridotta del territorio italiano che possiamo circoscrivere partendo dai corsi dei fiumi Arno e Metauro per arrivare fino al Po.
Dal punto di vista militare cosa ha rappresentato la Linea Gotica nella storia della Seconda guerra mondiale?
Domanda difficile da riassumere in poco tempo. Possiamo però dire che sulla Linea Gotica si sono scontrate visioni politiche diverse: mentre i britannici volevano utilizzare il fronte di guerra italiano per mantenere gli interessi della corona sui Balcani e contrastare l’avanzata russa da est, gli americani erano invece concentrati sul fronte francese e consideravano quello italiano secondario. Dall’altra parte i tedeschi consideravano la Linea Gotica come il confine sud del Reich e le risorse della Pianura Padana erano essenziali.
Nei suoi saggi la Linea Gotica non è narrata solo come una vicenda bellica. Vi sono anche altre declinazioni che rendono il suo racconto davvero a 360°. Su quale di questi vorrebbe porre l’accento?
Infatti, ed è soprattutto su questa complessità che nei libri ho posto l’accento. Infatti accanto alle battaglie ci sono le stragi, i colpi di mano, i passaggi del fronte, i bombardamenti… C’è la storia delle persone, dei soldati, dei civili, delle minoranze etniche all’interno degli schieramenti in campo: sono state 38 le nazioni che hanno partecipato alle vicende della Linea Gotica.
A suo avviso qual è il motivo di una certa reticenza da parte della storiografia verso un argomento come quello della Linea Gotica?
Non credo si possa parlare di reticenza, credo che sia più che altro difficile, come per gli altri fronti di guerra, ad esempio la Linea Gustav, trovare un argomento univoco; in breve, i fronti di guerra sono sempre stati visti come un insieme di battaglie, non considerando che invece hanno dato origine a una grande complessità, si pensi ad esempio al tema del rapporto partigiani e alleati, che ha modificato il corso degli eventi bellici, o al tema delle stragi, o a quello dei bombardamenti, tutti avvenuti a ridosso del fronte di guerra.
La storia della Linea Gotica è anche segnata da tante, troppe stragi, pagine davvero vergognose. Vuole ricordarne una in particolare, magari meno nota ai più?
Beh, le stragi sono un tema fondamentale della Linea Gotica, in primis devo citare quella di Monte Sole, ancor oggi nota come Marzabotto, ma ci sono tantissime altre stragi. Se proprio devo ricordarne una, cosa davvero non semplice, allora scelgo una doppia strage, avvenuta sempre a fine settembre e molto vicino a Monte Sole, sono gli episodi di Ca’ Berna di Lizzano in Belvedere e Ronchidoso di Gaggio Montano, dove soldati della Wehrmacht (non SS) in tre giorni uccidono cento persone.
Nel suo lungo racconto suddiviso in tre saggi incontriamo tanti protagonisti, quale tra tutti è quello che ha maggiormente attirato la sua attenzione, lasciando il segno?
Sì sono tanti e tutti meritano di essere ascoltati, anche quelli che non ho riportato. Nelle molte interviste che, anche come associazione, abbiamo fatto, non solo ho ascoltato i loro ricordi, ma ho visto, “toccato con mano” le loro emozioni, i loro traumi; e con questo libro ho voluto restituire a loro, e anche a quelli che non ho conosciuto personalmente, un posto nella storia, sia che la scriviamo con la S maiuscola o meno. Ho voluto ridare loro dignità. Perché, lo ricordo, la guerra per le persone che l’hanno vissuta è un trauma con cui hanno dovuto convivere quotidianamente dopo che era finita.