La Legione straniera, il corpo militare d’élite dell’esercito francese, ieri come oggi, è fonte di fascinazione, per la sua storia, per l’alone di mistero che da sempre la circonda, per le epiche battaglie a cui ha partecipato nel corso dei secoli ma anche per rappresentare, da sempre, una reale via di fuga, l’occasione, per certi aspetti unica, per cambiare radicalmente la propria vita, lasciandosi tutto alle spalle, financo, quasi, a scomparire.
Tuttavia di quel corpo militare, fonte di ispirazione di romanzi ma anche di film non si conosce davvero molto, per questo il libro edito da Diarkos “Legione straniera. Storia, regole e personaggi” rappresenta uno strumento prezioso per diradare la coltre di mistero, addentrandosi nei meandri di una storia tutta da raccontare.
A scrivere questo agile saggio è l’ex diplomatico Domenico Vecchioni che dopo la conclusione della sua lunga carriera ha coltivato appieno la passione per la storia, dedicandosi, in particolare, al tema dello spionaggio.
In questo libro, invece, si confronta con la storia ma anche con la leggenda della Legione straniera che, chiariamolo subito, non è solo un semplice corpo militare ma una vera e propria istituzione, il cui ruolo è stato spesso determinante in tante battaglie nei secoli scorsi.
Vecchioni, proprio all’inizio del suo saggio, con una chiarezza assoluta che è la cifra di tutto il suo lavoro, vuole depurare il campo da ogni possibile dubbio, delineando in modo inequivocabile la netta differenza tra il soldato mercenario e il legionario, figure che solo una lettura superficiale potrebbe collocare sul medesimo piano.
Ecco, nello specifico, cosa scrive:
Definiti i limiti tra le due figure solo apparentemente simili, Domenico Vecchioni inizia il vero e proprio viaggio alla scoperta della Legione, partendo da una data ben precisa, quella del 10 marzo 1831.
Quel giorno, infatti, Luigi Filippo d’Orleans, sovrano che era salito sul trono francese all’indomani delle rivolte del luglio del 1830 che avevano costretto Carlo X, l’ultimo Borbone, ad abdicare, mise la sua firma in calce all’ordinanza istitutiva della Legione straniera, un corpo militare con un profilo ben preciso e delineato, creato, innanzitutto, per reprimere l’opposizione locale in Algeria, da poco divenuta una colonia francese.
Fin dalla nascita fu ben chiaro come la Legione straniera fosse legata ad alcuni vincoli che, di fatto, la caratterizzavano in modo unico.
Ancora Vecchioni: «Oltre alla limitazione geografica, vi si prevedeva anche che nessun francese potesse farne parte -salvo una speciale autorizzazione del ministero della Guerra- e ne erano esclusi anche gli uomini sposati, perché la dedizione alla Legione doveva essere totale, quindi senza gli inevitabili condizionamenti derivanti con lo status di marito e padre.»
Insomma non una semplice partecipazione ma una vera e propria vocazione, un’appartenenza fideistica, ecco tracciato in modo netto e incontrovertibile il confine fra un normale lavoro, magari anche di natura militare e, per l’appunto la Legione straniera.
Domenico Vecchioni fin dalle prime pagine del suo bel saggio della Diarkos, editore anche dell’ottimo saggio sui Gonzaga, sottolinea lo strettissimo legame fra questo corpo militare e l’Algeria, luogo dove, non a caso, sorgerà la capitale della Legione straniera, una città nata dal nulla, strategicamente situata fra Orano e Daya, il cui nome Sidi Bel Abbes fu preso in prestito da un capo religioso vissuto nel XVIII secolo.
Per comprendere appieno la specificità della Legione straniera bisogna proprio partire da questa città nel nord dell’Algeria, situata su un altipiano posto a 476 metri sul livello del mare che da un iniziale semplice accampamento militare divenne in pochi anni, grazie al lavoro degli stessi legionari, «la casa madre della Legione straniera, il suo quartier generale, la sede del suo Stato maggiore, il centro di formazione, il cuore pulsante da dove partivano gli ordini, le missioni e veniva gestito il personale» una città inespugnabile, difesa da una cinta muraria alta ben 5 metri ma anche da fossati e porte fortificate, unici punti d’accesso nella roccaforte legionaria.
Ma i legionari furono innanzitutto straordinari militari, perfetti professionisti, capaci di combattere in ogni dove per il bene della Francia, presenti su diversi teatri di guerra, dalla Spagna alla Russia, dalla Crimea all’Indonesia, passando, pure, per il nostro suolo nazionale. Nel corso della Seconda Guerra d’Indipedenza, infatti, i legionari combatterono al fianco delle truppe franco piemontesi, mettendosi in luce in particolare nella battaglia di Solferino. In quell’occasione la Legione ebbe «il compito di intervenire sulle colline di Cavriano, a 4 chilometri da Solferino, per togliere agli austriaci una postazione dalla quale potevano minacciare gli alleati.»
Ma i legionari, nonostante il divieto statutario, combatterono anche sul suolo patrio, grazie a delle speciali deroghe. Accadde, la prima volta, nel corso della guerra contro la Prussia del 1870, quella che portò alla dissoluzione dell’impero francese e alla nascita di quello tedesco, un evento straordinario replicato poco tempo dopo, quando i legionari parteciparono alla sanguinosa repressione della Comune di Parigi, nel maggio del 1871, mettendosi in evidenza non solo per l’efficienza militare ma anche per la loro proverbiale brutalità con cui fecero i conti i parigini.
Ma le vicende militari che vedono coinvolta la Legione straniera anche nel secolo scorso e non esclusivamente nei due conflitti mondiali, rappresentano soltanto una parte di questa affascinante narrazione. Perché nell’opera di Domenico Vecchioni l’universo legionario è compiutamente descritto, come preannunciato nello stesso sottotitolo del libro, attraverso la storia, le regole ma anche i personaggi, un racconto polifonico, dunque, che non lascia nulla di intentato, al punto che vengono raccontante anche le gesta di Susan Travers.
Nativa di Cannes, Susan Travers, figlia di un ufficiale della Royal Navy e di un’aristocratica, fu la prima e tuttora sola donna ammessa nella Legione straniera, un unicum visto che l’arruolamento femminile era vietato non tanto per ragioni statutarie, quanto per una inveterata tradizione, in virtù della quale si consideravano «troppo gravose, per una donna, le condizioni e lo stile di vita di un legionario.»