Ci sono date della storia davvero scolpite nella pietra. Eventi che è impossibile non conoscere, tale è la loro fondamentale rilevanza nei destini dell’umanità, o, quantomeno, di una parte considerevole di essa. Penso alla data della battaglia di Azio, il cui esito, se fosse stato diverso, avrebbe inciso e non poco sui destini dei popoli affacciati sul Mediterraneo e non solo; o, anche, alla battaglia di Lepanto, la cui data è scolpita nei libri di storia moderna.
Ma c’è una data che, forse per la maggiore vicinanza temporale o per gli effetti immediati derivanti, è quasi impossibile ignorare. È quella del 6 giugno 1944, la data dello Sbarco in Normandia, del D-Day, di quello che è passato alla storia come Il giorno più lungo.
Quell’evento che, di fatto, diede inizio all’apertura del fronte occidentale ad opera delle forze alleate, strategia indispensabile per provare a piegare la potenza nazista. E’ stato in questi decenni che ci separano da quel giorno fatale, variamente raccontato, attraverso corposi saggi, celeberrimi film, documentari o libri di memorie.
Ultimo in questa teoria di opere, ma solo in ordine di tempo, si inserisce “Lo Sbarco in Normandia. D-Day il giorno più lungo”, l’ottimo saggio di Domenico Vecchioni, di cui abbiamo già recensito il meritorio “La Legione straniera. Storia, regole e personaggi”.
Edito da Diarkos, questo libro racconta con una narrazione sempre avvincente ma al tempo stesso filologicamente ineccepibile, non solo l’evento militare vero e proprio, coinciso con quel titanico sbarco avvenuto sulle coste della Normandia, ma anche e soprattutto tutto ciò che fece da prologo a quell’azione militare, il cui esito avrebbe determinato il futuro del mondo occidentale, sospeso fra una spietata dittatura o una riconquistata libertà.
Domenico Vecchioni, diplomatico di professione, divulgatore storico per passione, prima di condurci su quella spiaggia per descrivere in diretta il Giorno più lungo, ricostruisce gli antefatti che portarono quelle migliaia di uomini a sbarcare in un giorno di inizio giugno sulla costa della Normandia.
Perché il D-Day è solo l’atto finale di una precisa strategia messa a punto dagli Alleati. È anche un percorso estremamente arduo, non sempre totalmente condiviso, segnato anche da clamorosi insuccessi militari, caratterizzati da precedenti sbarchi falliti che Vecchioni racconta con dovizia di particolari, come nel caso dell’operazione Jubilee, «il primo attacco di ampia portata tentato contro la Wehrmacht sulle coste francesi, il 19 agosto 1942.»
Quell’azione che vide coinvolti seimila soldati, di cui mille inglesi e ben cinquemila canadesi e che se avesse arriso agli Alleati avrebbe avuto un significato prim’ancora che pratico, simbolico per delle truppe «frustrate dai ripetuti insuccessi subiti nei primi anni di guerra» fu, purtroppo, una totale catastrofe. Un insuccesso figlio di diversi errori, a partire dalla mancanza dell’effetto sorpresa, passando per la sfortuna che condizionò e non poco l’esito di quella nefasta operazione, durata appena nove ore.
L’insuccesso del Jubilee determinò una generale depressione fra le forze alleate, perché palesò quanto fosse difficile liberare l’Europa dal giogo nazista, nonostante lo sforzo profuso da tutti i nemici di Hitler fosse enorme. Ma dagli insuccessi si impara, dalle cadute ci si rialza, dai fallimenti ci si riprende e questo fecero i comandi alleati per i quali lo sbarco in terra di Francia continuava a rimanere un’assoluta priorità, il punto di partenza per provare a piegare la forza nemica.
Il D-Day, prim’ancora che un’epocale operazione militare, fu una sofisticata azione di intelligence ed è qui che il racconto di Domenico Vecchioni diventa davvero imperdibile, portando il lettore dietro le quinte di una storia fatta di spionaggio e controspionaggio, di clamorose azioni di depistaggio (celebre l’operazione Ironside con cui si mirava a far credere ai nazisti che le forze alleate sarebbero sbarcate il 16 giugno del 1944 nel golfo di Biscaglia, località non distante da Bordeaux) di intrighi e mosse ardite, di informazioni riservate, di uomini coraggiosi, la cui assoluta fedeltà alla causa fece la differenza.
Senza questo retroterra di intelligence l’operazione Overlord, questo il nome in codice del leggendario sbarco sulle coste normanne, non sarebbe potuta semplicemente esistere, perché una battaglia la si vince prima di tutto a tavolino, studiando, organizzando, prevedendo, immaginando.
Ma ogni battaglia poi ha bisogno inevitabilmente del fattore umano, di uomini che la combattono, spendendosi in prima linea. E a quegli uomini che combatterono quella leggendaria battaglia sulle spiagge della Normandia, Vecchioni dedica diverse pagine del suo bel saggio, soffermandosi sui grandi generali, da Dwight David Eisenhower, il mitico “Ike”, al suo omologo inglese Bernand Montgomery passando per il tedesco Rommel che sulle assolate e sabbiose terre egiziane si era conquistato il soprannome di “Volpe del deserto” ma anche sulle vite di uomini comuni.
E, infatti, accanto alle biografie di quegli illustri comandanti si schierano anche quelle di ignoti soldati, ai quali Vecchioni concede l’onore di una meritata ribalta, perché senza di loro la riconquista della libertà sarebbe stata impossibile.
Tra loro l’eroico Francis Witzel che pur ferito rinunciò a ritirarsi, Gerard Doré, la vittima più giovane, ucciso da una sventagliata di una mitragliatrice nazista, un mese esatto prima del suo diciassettesimo compleanno o Emile Boutéard.
Quel caporale, figlio di contadini, fu la prima vittima dello Sbarco in Normandia. Francese di nascita, lasciò il proprio Paese all’indomani dell’occupazione nazista per l’Inghilterra con il solo obiettivo di poter fare qualcosa di concreto per la sua Francia e per quella parte di mondo che non voleva piegarsi alla ferocia nazista.
In Inghilterra, dopo un lungo e complesso addestramento, riuscì a entrare a far parte come paracadutista del SAS, le celebri forze speciali britanniche.
Ma il ritorno in patria non fu fortunato e sulle coste della Normandia quel caporale trovò la morte per mano nemica, a soli ventotto anni:
A quasi ottant’anni da quell’epica impresa, “Lo Sbarco in Normandia. D-Day il giorno più lungo” di Domenico Vecchioni è un’ottima occasione per conoscere molti aspetti di quell’operazione che restituì a una parte del mondo il diritto di essere liberi.