Nel battistero di Firenze, all’interno di un monumento funebre firmato da due geni assoluti della scultura quali Donatello e Michelozzo, è seppellito uno degli antipapi più celebri della storia della Chiesa, Giovanni XXIII. Nato Baldassarre Cossa ed eletto pontefice il 17 maggio 1410, fu ritenuto legittimo fino al 1947, quando il suo nome fu tolto dall’Annuario Pontificio ma non dalla teoria di tondi che raffigurano i volti di tutti i papi della storia della Chiesa e che corrono lungo il perimetro dell’interno della basilica romana di San Paolo fuori le Mura.
La parola fine sull’illegittimità di papa Bartolomeo Cossa arrivò nell’autunno del 1958, quando venne eletto dai cardinali riuniti in conclave per scegliere il successore di Pio XII, Angelo Roncalli che, mettendo fine a una vexata questio, assunse il nome pontificale Giovanni, il ventitreesimo nella storia della Chiesa di Roma. Questo è il racconto di un antipapa venuto dall’isola di Ischia.
La nascita di un predestinato
Prima di addentrarsi nella storia di colui che divenne il futuro Giovanni XXIII, orientiamoci nel mare magnum del termine antipapa, intorno al quale si è scritto e detto moltissimo e che rimane, ancora oggi, un vulnus nella storia plurisecolare della Chiesa.
Per fare ciò ci affidiamo a una delle massime esperte in materia, la storica Elena Percivaldi, ecco cosa ha scritto a proposito nel suo “Gli antipapi. Storia e segreti”:
Il “nostro” antipapa nasce sull’isola di Ischia (altre fonti propendono, invece, per Napoli) tra il 1360 e il 1365. Il padre, Giovanni Cossa, è signore di Procida, appartenente a una famiglia dall’antico lignaggio, d’origine ischitana, ben inserita nei fitti e complessi meandri della Chiesa romana. La madre, invece, è Ciocciola Barrile, i cui legami familiari risulteranno decisivi nella carriera ecclesiastica del figlio.
Fin da piccolo Bartolomeo dimostra una spiccata intelligenza e, in particolare, una predisposizione per gli studi giuridici, tanto che il padre decide di mandarlo a studiare a Bologna, il massimo per chiunque voglia eccellere nel campo del diritto.
All’università di Bologna Bartolomeo, dopo un decennio di studi, ottiene il dottorato in diritto ecclesiastico, il viatico necessario per far carriera. Ma Bartolomeo non è solo un fine giurista ma anche un giovane ambizioso e anche grazie all’influenza della famiglia inizia a farsi strada.
Alla carica di canonico della cattedrale di Bologna ne seguono altre ma la città felsinea, per quanto prestigiosa, sta stretta al giovane ischitano, le cui mire vanno oltre la Pianura Padana e puntano a Roma, il centro della cattolicità.
L’elezione di Bonifacio IX e l’inizio di una sfolgorante carriera
Più del merito, si sa, contano spesso gli agganci giusti che, specie in determinati momenti, possono davvero fare la differenza. Tale assioma vale anche per il nostro Bartolomeo, la cui vicenda “professionale” subisce una svolta decisiva il 2 novembre 1389.
Quel giorno, infatti, viene eletto 203° papa, con il nome di Bonifacio IX, Piero Tomacelli che in casa Cossa è piuttosto familiare, essendo imparentato con la mamma di Bartolomeo. Quel papale parente sarà fondamentale per l’ambizioso giovane, il colpo d’ala che muta il corso degli eventi.
Il Cossa viene chiamato a Roma da Bonifacio IX che lo nomina suo cameriere personale. L’apice, tuttavia, di questo rapido cursus honorum, viene toccato il 27 febbraio 1402, quando riceve da Bonifacio IX la berretta cardinalizia.
Ma i favori del pontefice non terminano con la nomina a cardinale. Dopo avergli conferito la prestigiosa diaconia di Sant’Eustachio, la cui origine risale a papa Gregorio Magno, ecco giungere un prestigioso incarico politico, quello di Legato papale per Bologna e la Romagna, mandato che ricopre fino al 1409.
Si tratta di un ruolo importante, complesso e non semplice. Al nuovo Legato spetta il compito di riportare sotto l’egida di Roma una serie di possedimenti da tempo ostili al papa ma fondamentali nell’amministrazione della macchina pontificia.
Cossa fin da subito persegue l’obiettivo di piegare con ogni mezzo i diversi potentati locali, scopo raggiunto non lesinando alcuna violenza, al punto da mettere in imbarazzo non solo Bonifacio IX ma anche i suoi successori, specie Innocenzo VII, al secolo Cosimo Migliorati che, se la morte non fosse sopraggiunta il 6 novembre 1406, sarebbe riuscito nell’intento di rimuovere lo scomodo cardinale dall’incarico di Legato.
E invece, Bartolomeo Cossa rimane al suo posto fino al 1409.
Il concilio di Pisa e il tentativo di ricomporre lo scisma d’Occidente
Tra la fine del XIV secolo e gli inizi di quello successivo la Chiesa cattolica è nuovamente attraversata da venti di tempesta. Dal 1378 il papato è al centro di un vero e proprio scisma che lacera l’Occidente cristiano, diviso tra Roma e Avignone, centri di potere politico capaci, ognuno, di eleggere il proprio pontefice e indicarlo ai fedeli come il solo legittimo.
Sono anni contrassegnati da fazioni acerrimamente rivali ma, soprattutto, da papi e antipapi. Negli anni in cui Bartolomeo Cossa inizia a districarsi nella Curia romana, i due papi che rivendicano legittimamente la successione al soglio di Pietro rispondono al nome di Gregorio XII e Benedetto XIII.
Il primo, al secolo Angelo Correr, è stato eletto a Roma il 30 novembre 1406, nel conclave seguito alla morte, il 6 novembre di quello stesso anno, di Innocenzo VII; il secondo, lo spagnolo Pedro Martínez de Luna y Pérez, è stato, viceversa, votato ad Avignone, il 30 settembre 1394.
Nel tentativo di sanare una volta per tutte questo dissidio, Carlo VI di Francia, il 24 maggio 1408, spedisce ai due pontefici un ultimatum, con la speranza di risolvere lo scisma.
L’autorevole, regio intervento, produce un primo, importante frutto. Il 25 marzo 1409 si apre a Pisa un imponete concilio, al quale partecipano ventiquattro cardinali, ottanta vescovi, trecento fra prelati, abati, teologi e legati provenienti da diversi paesi europei.
La sensazione è che il solco scismatico possa essere colmato anche se nella città della Torre mancano i due principali protagonisti: Gregorio XII e Benedetto XIII che a dimettersi non ci pensano proprio.
I lavori conciliari, nonostante le due rilevanti assenze, proseguono alacremente. Tra le tante questioni affrontate c’è, ovviamente, quella della doppia tiara, vulnus sanato attraverso la decisione di deporre entrambi i pontefici.
La sede di Pietro è quindi vacante e occorre un conclave pera dare un nuovo papa alla travagliata Chiesa di Roma. Il 26 giugno 1409, a Pisa, viene eletto l’arcivescovo di Milano Pietro Filargo. Greco di nascita, figura di spicco nel mondo ecclesiastico, studioso apprezzato, Filargo è ritenuto dal collegio elettorale la personalità più adatta ad assumere il timone di una barca che rischia di affondare, travolta da marosi sempre più minacciosi.
Ma l’elezione del Filargo, che sceglie il nome di Alessandro, decidendo di fissare la residenza papale a Bologna, su consiglio piuttosto interessato del cardinal Cossa, non acquieta i venti di protesta.
Né Benedetto XIII che Gregorio XII riconoscono il nuovo pontefice, rimanendo saldamente al loro posto. Da un auspicato unico papa, la Chiesa si ritrova tre pontefici, una situazione non certo nuova, che riporta la cristianità a secoli addietro, ai tempi di Benedetto IX, il papa bambino.
L’elezione di Bartolomeo Cossa, il futuro antipapa Giovanni XXIII
La notte tra il 3 e il 4 maggio 1410 arriva da Bologna una ferale, inattesa notizia.
Papa Alessandro V è morto. Sulla subitanea dipartita di Pietro Filargo si discetta molto; nelle segrete stanze si fa strada la possibilità che il papa sia stato avvelenato, ipotizzando, al contempo, che dietro quella possibile uccisione si celi nientemeno che Bartolomeo Cossa. Ma il venticello della calunnia non genera alcuna prova e così il cardinale ischitano da aspirante assassinio diviene il più papabile del futuro conclave.
Il 17 maggio 1410 a Bologna, a soli tre giorni dall’apertura della solenne assise cardinalizia, viene eletto proprio il cardinal Cossa, una scelta innanzitutto politica, sponsorizzata da Luigi II d’Angiò.
Quel Bartolomeo che aveva anni addietro lasciato la natia Ischia per la dotta Bologna, ha raggiunto l’acme della sua sfrenata ambizione. Ora è papa, anche se, ironia della sorte, non è ancora sacerdote; lo diventa qualche giorno dopo, il 24 maggio, in tempo utile per l’imminente incoronazione.
Il nuovo pontefice, che assume il nome di Giovanni, il ventitreesimo nella storia della Chiesa, lascia Bologna per Roma, dove il predecessore Alessandro V non aveva fatto in tempo a vedere.
Ma anche per il Cossa, così come per il Filargo, la matassa rimane terribilmente intricata. A rivendicare il trono petrino sono sempre in tre, i veterani Benedetto e Gregorio e, l’ultimo arrivato Giovanni che deve fare i conti, oltretutto, con il mutare dei consensi. Ben presto, infatti, l’influenza di Luigi II d’Angiò viene meno e Giovanni XXIII rimane isolato. Per questo, fiutando l’imminente pericolo, lascia Roma per la più sicura Germania, mettendosi sotto la protezione di Sigismondo di Lussemburgo.
Il Concilio di Costanza e la deposizione di Giovanni XXIII
L’abbandono di Giovanni XXIII di Roma rende la questione papale ancora più complessa, anche perché, nel frattempo, gli altri due papi continuano a rivendicare le loro prerogative. Appare sempre più evidente che la soluzione dello scisma possa essere solo politica. E la politica si muove e in modo chiaro.
Sigismondo di Lussemburgo, rompendo quello stallo, divenuto ai più indigesto, convince papa Giovanni a convocare a Costanza un concilio, a cui spetterà l’ultima, definitiva parola sull’annosa disputa petrina.
Papa Cossa accetta di buon grado quel consiglio, certo di uscire vincente dall’assise conciliare, con buona pace degli altri due contendenti. Ma le decisioni del concilio di Costanza, «la più grande riunione medievale dopo quella del Laternanse IV di duecento anni prima», come ha scritto lo storico Ambrogio Piazzoni, saranno ben diverse da quelle auspicate da Giovanni XXIII.
In ossequio al principio tertium non datur, il concilio, i cui lavori iniziano il 5 novembre 1414, seguendo i desiderata di re Sigismondo, opta per una quarta alternativa, capace di mettere fuorigioco i tre pretendenti che, uno dopo l’altro, escono di scena.
Il primo su cui cade la scure conciliare è Bartolomeo Cossa. Passato nel tempo di un amen dalla certezza della tiara al timore per la sua incolumità, il Cossa lascia in piena notte Costanza, travestito da palafreniere, alla volta di Friburgo, sperando nella protezione del duca d’Austria Federico IV. Ma è una fuga che dura poco.
Giovanni XXIII, dopo essere stato catturato e processato, viene destituito dal concilio. Più dignitosa è la reazione di Gregorio XII che, mosso dalla saggezza derivante dall’età avanzata, ha già compiuto novant’anni, rinuncia al pontificato, evitando, così, un’ignominiosa deposizione.
Più battagliero è il canto del cigno di Benedetto XIII. Il papa “avignonese” prima di essere destituito dal concilio di Costanza, tira fuori le unghie, colpendo a suon di scomuniche amici e nemici, persino compreso Vicente Ferrer, uno dei suoi collaboratori più fidati. Il più è fatto, non rimane che eleggere il nuovo papa.
L’11 novembre 1417 sempre a Costanza, a tre giorni dall’apertura ufficiale del conclave, arriva la proclamazione del 206° successore di Pietro.
I cardinali scelgono Oddone Colonna. Sarà a lui, originario di Gennazzano, un paesino alle porte di Roma, che spetterà il compito di riportare la pace in seno alla Chiesa d’Occidente, dopo trentanove anni di scisma.
Le ultime vicende terrene di Bartolomeo Cossa e la sua tomba
L’elezione di Oddone Colonna, che sceglie il nome di Martino, è una buona notizia anche per il deposto Giovanni XXIII che, dopo essere stato liberato dietro l’esborso di ben trentamila fiorini, ottiene una vera e propria riabilitazione.
Il 23 giugno 1418 viene accolto a Firenze da papa Martino V con tutti gli onori possibili. Il nuovo pontefice non solo lo reintegra nel Sacro Collegio ma gli concede anche la diocesi di Frascati, in cambio, però, della definitiva rinuncia a ogni pretesa papale.
Il 22 dicembre 1419, a nove anni dalla sua discussa elezione, Bartolomeo Cossa muore a Firenze, la città dove aveva scelto di vivere. Viene sepolto nel Battistero di Firenze, come espressamente richiesto, quello stesso luogo a cui, poco tempo dopo l’elezione, aveva donato una preziosa reliquia, un dito di Giovanni Battista.
Nel 1426 Donatello e Michelozzo vengono incaricati di realizzare la tomba di Giovanni XXIII. I due scultori accettano di buon grado e nel giro di poco tempo portano a termine l’opera. Se Donatello si concentra sul monumento funebre vero e proprio, rappresentando l’ex papa con tanto di mitria, Michelozzo si dedica alla progettazione della struttura. Il risultato è imponente, decisamente papale.
Nel 1431, quando il monumento è stato già completato, Martino V decide di far correggere l’iscrizione presente. Fa precedere la parola papa dall’avverbio latino quondam (un tempo), una piccola modifica che sottolinea, però, come al momento della morte Giovanni XXIII, papa non lo fosse più.
Tuttavia, fino al 1947, Giovanni XXIII è considerato a tutti gli effetti papa. Solo in quell’anno il nome di quel pontefice, nativo dell’isola di Ischia, viene tolto dall’Annuario Pontificio, l’organo informativo della santa Sede che elenca tutti papi della storia della Chiesa .
Nove anni dopo quella storica decisione, arriva una nuova, definitiva conferma che Bartolomeo Cossa non sarà più considerato un papa.
Il 28 ottobre 1958 quando dalla loggia di San Pietro il cardinale protodiacono annuncia urbi et orbi l’habemus papam, il nome esclamato è quello di Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli. Sulla vicenda di Bartolomeo Cossa, ora, è definitivamente calato il sipario.
Su Giovanni XXIII, sull’antipapa venuto da Ischia, Indro Montanelli, nella sua “Storia d’Italia”, ebbe a scrivere parole quanto mai caustiche nella loro indubbia essenzialità:
«Cossa aveva tutte le qualità che un sacerdote non dovrebbe avere: era un politicante ambizioso e accorto, un amministratore abile e rapace, un generale sagace e spietato. Perché avesse fatto il prete invece che il condottiero, non si sa. Ancora meno si sa perché lo elessero Papa, e in un momento come quello»